Nel 1841 lo storico Georg Waitz trovò due formule magiche sul recto di una pagina di un manoscritto latino del IX secolo, manoscritto conservato nell’abbazia benedettina di Fulda.
Attualmente il manoscritto si trova nella Biblioteca capitolare del Duomo di Merseburgo, da cui le due formule si sono guadagnate il nome di “Incantesimi di Merseburgo“.
Il fatto che un frammento di tradizione orale sia stato conservato in un ambiente monastico, e peraltro senza l’usuale traduzione in latino, rappresenta un caso eccezionale. Ma prima di affrontare le due formule vorrei proporvi una piccola introduzione su quali siano le caratteristiche formali comuni a molte formule magiche delle tradizioni antiche.
Innanzitutto gli incantesimi presentano molto spesso una narrazione di un aneddoto che termina con la ripetizione di quelle parole che, nell’occasione di cui si racconta, certi personaggi mitologici hanno pronunciato per ottenere l’esito sperato.
Per questo motivo spesso le formule magiche sono bipartite, ovvero ad una parte narrativa (“in passato gli dei se la cavarono in questo modo”) segue l’incantesimo vero e proprio (“ora fai lo stesso e otterrai i loro risultati anche tu”).
Altra caratteristica stilistica che accomuna molti versi magici, inoltre, è una struttura 2+1. Ovvero, dopo due elementi caratterizzati da una certa somiglianza viene dato un terzo elemento che rompe lo schema. Per elementi intendiamo personaggi, episodi, oggetti, parole, interi versi…
Spiega molto bene Adolfo Salazar in “Las grandes estructuras de la música” (la traduzione è di Cristiano Screm, gli errori infilati in mezzo nel tentativo di abbellire la forma sono miei):
In generale, la struttura del carmen (traslitterazione della parola sanscrita casman, che equivale a “testo sacro, invocazione”) consiste, come si può rilevare dal libro De Medicamentibus di Marcellus, prodigo di ogni sorta di formule per scongiuri, in:
1) Formule brevi: una parola, intelligibile o meno, viene ripetuta per due volte ed è seguita da una formula diversa, più breve o più lunga, che si basa sostanzialmente sui suoni che compongono la parola iniziale. Per esempio, la formula con virtù curative: Kyría, Kyría, Kassaría sourorbi (“Vattene, vattene, sono più forte e ti scaccio”), la cui struttura è AAB. Si veda un’altra formula che ha la medesima struttura ma i cui elementi sono tuttavia più equilibrati (questa ha virtù curative intestinali): Alabanda, Alabandi, Alambo; mentre quest’altra ha un ritmo ternario AAA: Alam bedam, Alam betur, Alam botum. Esistono carmina costituiti da parole prive di collegamento reciproco e altri la cui base consiste semplicemente di alcune lettere magiche, come quelle usate per enumerare i salmi che sono oggetto di abbondanti melismi nel canto ecclesiastico. La ripetizione avviene di tre in tre, tre volte nove ovvero tres novies.
2) Carmina di grande estensione come quello che inizia con Exi hodie, nata si, ante nata, si hodie creata, si ante creata ecc., rimandano a tipi folcloristici diffusi sotto forma di canzoni infantili, come Pinto, pinto, gorgorito, saca las vacas, de veinticinco, di ritmo binario, come probabilmente quello precedente. La formula può estendersi come in un precantiosimile al verso lungo di Pindaro, come la seguente, un autentico paradosso che potrebbe sembrare un’imitazione burlesca della litania ecclesiastica, quali i Carmina Burana, ma che ci giunge dall’autorità di Marcellus: “Stabat arbor in medio mari. Et ibi pendebat situla plena-intestinorum humanorum. / Tres virgines circuncibant-duae alligabant, una revolvebat” (C’era un albero in mezzo al mare. E lì era appeso un secchio pieno / di interiora umane. / Tre vergini camminavano intorno / due avvolgevano, una srotolava).
Per riassumere: nel caso di scongiuri brevi troviamo spesso che ad una ripetizione di (due: NdT) parole quasi uguali viene accostato un (terzo: NdT) termine o un ritmo differente; nel caso di scongiuri lunghi troviamo spesso che a due azioni quasi uguali viene accostata un’azione che va in direzione opposta a quelle, contraddizione che si percepisce come risolvibile solo interpretando in senso metaforico l’episodio narrato.
Date queste due astrazioni che accomunano gli usi rituali della lingua (narrazione+incantesimo e 2+1), vediamo ora le due formule di cui sopra. Per la loro interpretazione utilizzo la lettura di Ladislao Mittner.
La prima formula mira ad ottenere la liberazione magica di un prigioniero.
Una volta scesero dall’alto amazzoni divine, scesero [a terra] qua e là;
alcune allacciavano lacci, altre trattenevano le schiere [avversarie],
alcune lavoravano intorno a ritorte:
Sottraiti ai legami! Sfuggi ai nemici!
Nota: le “amazzoni divine” sono “Idisi”, “donne divine” o “donne regali”, più tardi semplicemente “donne”; qui sembrano da identificarsi con le valchirie (R. Koegel in PBB, 1887, p. 507)
La seconda formula di Merseburgo, che mira alla guarigione di una slogatura, ci fa assistere ad un intero corteo di divinità (in parte difficilmente identificabili).
Phol e Wodan cavalcarono verso il bosco;
si storse allora il piede del cavallo di Balder.
Pronunziò allora parole di scongiuro Sinthgunt e Sunna, sua sorella;
pronunziò allora parole di scongiuro Freyja e Volla, sua sorella;
pronunziò allora parole di scongiuro Wodan, come egli sapeva fare alla perfezione
[contro la] slogatura dell’osso, slogatura con sangue,
slogatura di un membro:
“Osso [torni] ad osso, sangue a sangue, membro a membro; così siano saldamente uniti”
Nota: Sinthgunt è sdoppiamento, cioè ipostasi della dea Sole; preso in sé, il nome è un nome da valchiria. Anche Volla può essere ipostasi di Freyja, presentata come sua sorella.
AGGIORNAMENTO (ottobre 2011):
Qui di seguito riporto il testo integrale dell’analisi del Mittner.
Le formule d’incantesimo e di benedizione a noi pervenute, tedesche ma anche latine, sono pagane o cristiane e talora pagano-cristiane. In linea di principio le formule d’incantesimo dovrebbero essere di origine pagana, quelle di benedizione di origine cristiana; ma i rapporti, le interazioni e i passaggi fra le due sfere sono quanto mai complessi, dato che la chiesa faceva largo uso di formule liturgiche spesso simili alle formule magiche.
Nella sua forma più caratteristica i versi magici si basano sull’idea della ripetizione coatta e cioè, appunto, magica, per cui un fatto, che era dato per realmente avvenuto, poteva essere riprodotto mediante la ripetizione di determinate parole che erano state pronunziate in quell’occasione. Perciò le formule magiche sono spesso bipartite, contengono cioè una parte narrativa ed una parte incantatoria; ed è lecito supporre che tale bipartizione fosse in origine obbligatoria, poiché essa medesima esprime l’essenza della magia, la fede nella ripetibilità di un evento legato a determinate parole di carattere sacrale.
Fra le formule magiche pagane primeggiano le due scoperte a Merseburgo in Sassonia; sono le sole poesie del tedesco antico che contengano nomi di divinità pagane. La loro interpretazione testuale presenta difficoltà particolarissime; noi ci studieremo di tradurle seguendo la lezione che è più comunemente accettata o che per altri motivi ci sembra preferibile.
La prima formula mira ad ottenere la liberazione magica di un prigioniero: “Una volta scesero dall’alto amazzoni divine [nota: “Idisi”, “donne divine” o “donne regali”, più tardi semplicemente “donne”; qui sembrano da identificarsi con le valchirie (R. Koegel in PBB, 1887, p. 507)], scesero [a terra] qua e là; | alcune allacciavano lacci, altre trattenevano le schiere [avversarie], | alcune lavoravano intorno a ritorte: | Sottraiti ai legami! Sfuggi ai nemici!”.
Il quadro è agitatissimo: mentre dura ancora la battaglia, scendono in mezzo ai guerrieri tre gruppi di valchirie, la cui azione triplice e una ha per scopo la liberazione di un guerriero catturato; esse preparano già lacci per i guerrieri della parte nemica, che devono intanto trattenere per liberare subito il prigioniero.I due imperativi dell’ultimo verso sono da considerarsi da loro effettivamente pronunciati; certamente dovevano essere pronunziati da chi in qualsiasi altra circostanza analoga volesse ottenere un’analoga liberazione [nota: “Tres virgines circumibant; duae alligabant, una resolvebat”].
Una situazione molto simile si trova in una formula latina di guarigione [nota: È una formula per guarire la lombaggine attribuita a piccole frecce lanciate da streghe; si veda ancora nel tedesco odierno la parola “Hexenschuss”. Nella formula le “potenti donne” volano baldanzose al di sopra della collina e “gridano alto, sì, alto”, mentre “ordinano la loro schiera e lanciano giavellotti sibilanti”. Per difendersi da loro l’ammalato, che col suo scudo lucente sta sotto un tiglio, contrattacca; lancia contro di loro un piccolo giavellotto. È un gesto apotropaico: “Fuori, piccolo giavellotto, se sei ancora dentro”] e in due strofe anglosassoni, le quali sono le sole a descrivere il volo selvaggio e gioioso delle valchirie.
La struttura metrica riflette certamente un modello pagano antichissimo [nota: Tre proposizioni che s’iniziano col pronome “alcuni…, … alcuni” e sono disposte in due emistichi e in un verso lungo. L’argomento è una sola operazione magica considerata in tre aspetti diversi o fasi diverse.]; ma nell’ultimo verso l’allitterazione manca ed è sostituita dalla rima; è la sola cosa che nella paganissima poesia non sia specificamente pagana.La seconda formula di Merseburgo, che mira alla guarigione di una slogatura, ci fa assistere ad un intero corteo di divinità (in parte difficilmente identificabili): “Phol e Wodan cavalcarono verso il bosco; | si storse allora il piede del cavallo di Balder. | Pronunziò allora parole di scongiuro Sinthgunt e Sunna, sua sorella; | pronunziò allora parole di scongiuro Freyja e Volla, sua sorella; [nota: Sinthgunt è sdoppiamento, cioè ipostasi della dea Sole; preso in sé, il nome è un nome da valchiria. Anche Volla può essere ipostasi di Freyja, presentata come sua sorella] | pronunziò allora parole di scongiuro Wodan, come egli sapeva fare alla perfezione | [contro la] slogatura dell’osso, slogatura con sangue, | slogatura di un membro: | “Osso [torni] ad osso, sangue a sangue, membro a membro; così siano saldamente uniti”.
La strofa piace per il quadro pacifico e ordinato che offre dell’Olimpo germanico. Compaiono i due protagonisti, prima del loro ingresso nel bosco, che anche qui suscita un vago senso del pericolo; poi due dee di ordine inferiore e due dee di ordine superiore; alla fine ricompare Wodan che si rivela il solo conoscitore della magia. La sua superiorità è implicitamente riconosciuta dagli altri dei, sebbene essi appartengano tutti – tolta forse soltanto Sunna – alla famiglia dei Vani.
Samuel Zarbock
11 settembre 2008
Consiglia, consiglia: leggiamo tutti volentieri qualche cosa di interessante.
:)
Nel corso dei prossimi post affronterò anche la tradizione ebraica e l’utilizzo che questa fa della parola… ma ti assicuro che anche i greci e i latini non erano da meno, e mi forniscono continuamente parecchio materiale!
Anzi, ti butto lì una cosa che c’entra proprio poco, ma che per la forma che ha potrebbe essere considerata una quasi-formula. E’ recente, e nasce in un ambiente insospettabile. E’ un gioco di parole che Sam Loyd ha inserito all’interno di un’illustrazione che corredava “Alice nel paese delle meraviglie”: “Was it a cat I saw” (Lo trovi qui, tra altri giochi di parole: http://www.engramma.it/engramma_revolution/55/055_saggi_bartezzaghi.html). Bene, ora prova a leggerlo al contrario… e dimmi se non è una vera e propria formula magica! :D
Kas
11 settembre 2008
Davvero interessante!
Ti aggiungo uno spunto: la tradizione ebraica ed il suo interesse per la parola è essenziale quando si parla di incantesimi. Da notare infatti che in inglese, la parola “spell” sta alla base anche di “spelling”.
Se vuoi ti consiglio un libro interessantissimo sulla parola ed il suo potere magico! ;)
Andrea
12 settembre 2008
!!! ottag nu eledev id otalbmes eh im !!!
Straordinario il livello del tuo blog Sam… Autostrade di stima per la cultura che spargi.
Samuel Zarbock
12 settembre 2008
:|
accidenti, grazie… in realtà sono molto contento della qualità dei commenti raccolti sinora. bravi, bravi: dedico questa mia vittoria a tutti voi, siete splendidi!!
ehm… scusate. adesso scendo dalla scrivania.
Janlu
17 settembre 2008
Wow! Samuel, che filòlogo! Molto interessanti le tue ricerche, anche secondo me la magia è la parola. Nominare significa donare esistenza (e no: il primo mago non è stato adamo, ma l’uomo di CroMagnon, o Judy Lee)
Non so se deriva da qualcosa di sensato, ma hai già parlato della magia del fare? Ahnal Natrach, Utvàs Bethod, Dokiel Niedvè… hai presente quando Morgana si fumava i cannoni invisibili??? ;) ho letto da qualche parte che si erano ispirati a una lingua celtica.
Baci!
Janlu
Samuel Zarbock
22 ottobre 2008
Ciao, Janlu!
Sì, era irlandese. http://www.evertype.com/misc/charm.html ‘Sto tizio si è fatto tutto lo sbattimento di ricostruire la forma più probabile… Magari uno di questi giorni traduco l’articolo in italiano e lo pubblico sul blog… :)
frankeyboard
10 dicembre 2008
“Was it a cat I saw”
Bene, ora prova a leggerlo al contrario… e dimmi se non è una vera e propria formula magica!
…uhm… ho provato a leggerlo al contrario e non è successo niente…
mi sa che è solo una comune sequenza palindromica…
=D
Samuel Zarbock
10 dicembre 2008
He he he… E non credi che le formule magiche siano proprio questo? Formulazioni molto accurate e, per questo stesso motivo, evocative…
A me fa quasi diventare simpatico quel pistolino giallo. :P
simurgh
26 ottobre 2009
in giro imus nocte et consumior igni: questa, pare, la dicono i diavoli
Samuel Zarbock
27 ottobre 2009
Ciao, simurgh.
Non lo so chi lo dica: quelli sono un po’ fatti loro. So solo che è stata inventata dai latini, pare, come indovinello colto. Dovrebbe riferirsi alla falena oppure alla torcia dei guardiani notturni (“vado a zonzo tutta notte e mi consumo col fuoco”: più o meno).
Ovviamente poi la puoi interpretare come ti pare: gli “Einstürzende Neubauten” ci vedono dentro tutta l’umanità (e quindi la traduzione diventa molto meno letteraria: “Erriamo nell’oscurità e ardiamo (delle nostre passioni)”). In questo senso l’umanità viene contrapposta alla figura mitologica della salamandra che invece non viene arsa dal fuoco.
Sulle frasi palindrome ho scritto questa cosa qui: https://sicapisce.wordpress.com/2009/02/20/palindromi/
Buona lettura. :)
luca
20 marzo 2010
non mi funciona nessuna di queste magie ,come mai?
kiko chico
27 settembre 2010
oooh…adoro gli incantesimi in llatino da come d’incanto speciosus formosus preclarus
CLAUDIO GRILLI
23 dicembre 2011
caro samuel,puoi indicarmi un testo di frasi magiche antiche?grZIE
Luca
5 marzo 2013
Tweety non c’entra nulla. “Was it a cat I saw” è presente in Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll. Tweety diceva: “I thought I saw a pussy-cat!”
Samuel Zarbock
5 marzo 2013
Evviva! Grazie, Luca: hai risolto una controversia, ché da queste parti si dubitava ormai di quell’infromazione ma non si riusciva a venirne a capo.
Cerco subito il testo originale di Alice e correggo il mio commento. Ovviamente lascio qui la tua correzione.
Grazie ancora!
liftship
28 febbraio 2017
Vandel lift optima maturum simplicitur
Vito Signorile
5 ottobre 2023
perchè hai chiuso?