[Continuo la pubblicazione degli appunti che ho preso nel corso del Terzo Summit Italiano di Architettura dell’Informazione, tenutosi venerdì e sabato scorsi a Forlì; è oggi il turno dell’intervento di Renata Durighello.]
Renata presenta un esperimento condotto in una scuola primaria per esplorare il comportamento dei bambini di fronte a compiti di categorizzazione destrutturata (e collaborativa).
Non è mai stata utilizzata la parola “tag“: ai bimbi si chiedeva di porsi delle domande a proposito di alcune immagini (di fruizione più immediata rispetto al testo): “che cosa c’è nell’immagine? Cosa ti fa venire in mente, quali sensazioni? Che tipo d’immagine è, con che tecniche è stata realizzata?”
Il sito di riferimento è http://lnx.rodari.org/taggare/
Per introdurre i bambini al tagging si è cominciato con un primo esperimento cartaceo seguito poi da una sessione online in cui è stato utilizzato WordPress.
Esperimento cartaceo
– Fase produttiva:
I bambini realizzavano delle etichette di carta e ne ponevano ognuno una quantità a piacere su ogni foto. In questo modo si ottenevano ripetizioni, rafforzamenti: ogni singola immagine poteva presentare un certo numero di etichette del tipo “foto”, ad esempio.
Si tratta di una folksonomia broad (raccoglie più collaborazioni e quindi fornisce già una scala di importanza).
Tuttavia i bambini tendevano a non utilizzare descrittori di sensazioni quanto piuttosto descrizioni del formato dell’immagine o del suo contenuto.
– Fase osservativa:
Si è passati a rilevare gli errori (ortografici o di attribuzioni non pertinenti) e a raggruppare i tag in una nuvola. La fantasia (anche lessicale) che hanno utilizzato per taggare ha fatto purtroppo perdere qualche informazione (non aggregata in voci che la comprendesse).
Esperimento online
Con l’esperienza acquisita durante il lavoro sul tagging di carta i bambini hanno affrontato il compito online senza problemi. Il compito consisteva nello scegliere insieme quali etichette potessero descrivere le fotografie: questa volta ad ogni immagine veniva associata solo una ricorrenza del tag, ottenendo una folksonomia narrow (manca la scala di importanza del tag, e ogni voce ha lo stesso peso).
Basandosi sul problema dell’elevata varianza che è stato riscontrato nella fase osservativa precedente, sono state introdotte alcune euristiche (ipotesi e regole temporanee da verificare in quella specifica situazione): al posto di aggettivi o di forme verbali sono stati utilizzati sostantivi; per rimarcare il fatto che la singola risorsa appartiene ad una determinata classe di oggetti si è pensato di declinare il sostantivo al plurale.
Questo approccio, tuttavia non ha avuto l’esito sperato: il tag viene prodotto anche e soprattutto per descrivere l’immagine, non solo per attribuire un’appartenenza ad una classe: ecco sorgere il problema del singolare e del plurale (di fronte all’immagine di un uomo è difficile per un bambino astrarre e taggare come “uomini“).
Conclusioni: la classificazione inizia nel momento in cui ho qualcosa da dire a proposito di un soggetto. E questo lo possono fare anche i bambini.
Conclusioni dei bimbi: c’è un modo per mettere ordine alle proprie idee.
[Il video dell’intervento di Renata è disponibile alla pagina http://www.viddler.com/explore/DElyMyth/videos/81/]
Renata
25 febbraio 2009
Ringrazio e mi complimento per l’ottima sintesi. I casi sono due: o io ho spiegato molto bene, o tu sei davvero molto bravo.
Samuel Zarbock
25 febbraio 2009
Beh, di sicuro il tuo argomento e il lavoro che hai svolto erano sufficientemente interessanti da destare la mia attenzione: ma il merito della sintesi è tutto della tua spiegazione!
:)
paul
11 dicembre 2009
ciao Renata,
Sono Dr Paul Bhatti, conosciuto nel 1986, in colonia felterina-Jesolo, complimenti per lavoro che stai facendo, ho visto insieme un collega che è molto intressato in tuo lavoro.
Paul
Samuel Zarbock
15 dicembre 2009
Ciao, Paul.
Sono Samuel, il padrone di casa… :)
Ho scritto un messaggio a Renata avvisandola del tuo commento: probabilmente ti contatterà in separata sede. Ciao!